Il significato di "gentilezza" è associato a diversi tratti dell'intelligenza emotiva ed è considerato una delle virtù che può dare un senso profondo alla vita se praticata. Tuttavia, nella nostra società in cui la competitività e l'aggressività sono considerate requisiti per il successo, essere gentili è stato a lungo visto come un segno di debolezza e relegato alle relazioni femminili e materne. In un mondo complesso come quello in cui viviamo, la collaborazione, l'intuizione, l'intelligenza emotiva e la gentilezza iniziano ad essere riconsiderate e viste di nuovo come abilità critiche per un ulteriore sviluppo sociale e organizzativo. Ma come sviluppare di nuovo la gentilezza? La pratica e l'apprezzamento dell'arte possono essere un modo. L'arte è fortemente legata al cervello destro e all'intelligenza emotiva e aiuta ad acquisire sensibilità attraverso la pratica estetica e altro ancora. In questo articolo sosteniamo un più ampio "uso" dell'arte come "palestra" per la gentilezza, una delle abilità più importanti del nostro futuro.
Come evolve nel tempo il significato di gentilezza?
Senza scomodare l’etimologia e senza tenere in considerazione l’accezione più superficiale di “cortesia” da buone maniere, il senso comune associa al termine “gentilezza” vari termini diversi tra loro: generosità, benevolenza, concordia, bontà, caritas, amorevolezza, solidarietà, tenerezza, compassione, altruismo, bontà d’animo. Come si può notare sono tutti concetti che ruotano intorno alla sfera dell’intelligenza emotiva.
Osservando l’evoluzione di questo concetto nella storia del pensiero (e della filosofia) notiamo come fin dall’antichità “la gentilezza abbia sempre sollevato delle controversie. I filosofi antichi si dividevano quando si chiedevano se gli uomini fossero naturalmente buoni o invece egoisti” [1] e questa domanda ci ha accompagnato nell’evoluzione della nostra storia del pensiero. E’ interessante anche notare come una delle evoluzioni sia stata quella di femminilizzare la gentilezza, specialmente nella sua accezione di sollecitudine e cura materna.
Studi e ricerche recenti hanno avallato in via sperimentale quanto avevano già intuito gli Stoici: “Nessuno può vivere una vita felice se piega ogni cosa ai suoi propositi. Vivi per gli altri se vuoi vivere per te stesso”, ovvero che gli esseri umani hanno bisogno di praticare gentilezza e generosità per essere felici e per rendere la vita degna di essere vissuta.
Purtroppo però la nostra società ha gradatamente associato alla pratica della gentilezza (connessa come si diceva al femminile) anche un concetto di “debolezza” e “arrendevolezza”. La gentilezza in qualche modo apre la porta alla vulnerabilità, condizione che la nostra società tende a fuggire considerandola pericolosa.
L’aggressività o competizione, la “mors tua vita mea” (associati all’archetipo maschile della guerra) hanno acquisito invece una valenza positiva di proattività, presa in carico, forza, riuscita e successo.
Si tratta ora di chiedersi però se nel mondo in cui viviamo tutto ciò continui ad essere funzionale oltre che eticamente condivisibile e personalmente auspicabile per chi come noi è alla ricerca di una vita pienamente vissuta.
Perche’ la gentilezza è importante per noi come individui, nelle organizzazioni e nella societa’?
In un mondo così incerto e complesso come il nostro, approcci tradizionali e puramente logici e basati sull'efficienza e sulla competenza acquisita attraverso studio e applicazione di casi di successo non bastano più. Per navigare nella complessità è importante attingere anche alla nostra intuizione e intelligenza emotiva, essere in grado di vedere i problemi in modo olistico e sistemico, connetterci con la nostra interiorità, sfidare ipotesi e punti ciechi, provare soluzioni nuove senza avere la certezza che funzionino con un approccio agile di prototipizzazione e “trial & error”. In sintesi dobbiamo imparare ad integrare un approccio da emisfero cerebrale sinistro con quello destro.
La gentilezza quindi dovrebbe recuperare un valore positivo, in quanto espressione di quella che abbiamo chiamato intelligenza emotiva. La stessa vulnerabilità, temuta nell’esercizio della gentilezza, come ci insegna Brene’ Brown in un suo ben noto TED intitolato “The power of vulnerability” assume un’importanza fondamentale nella nostra capacità di stabilire relazioni e connessione con altri essere umani, perché sono la capacità e il coraggio di accettare le nostre imperfezioni, la capacità di essere autentici e la convinzione che ciò che ci rende vulnerabili è anche ciò che ci rende speciali, a renderci compassionevoli, empatici e positivi e ad aprirci alla connessione con l’altro. E in un mondo in cui diventano fondamentali il dialogo autentico e la co-creazione per poter risolvere i problemi complessi a cui dobbiamo far fronte, gentilezza e vulnerabilità diventano quindi fondamentali.
Stiamo entrando inoltre in un tipo di economia in cui l'intelligenza artificiale esegue molti compiti analitici e di pensiero e le persone graviteranno inevitabilmente e maggiormente verso compiti interpersonali e creativi. Anche nelle organizzazioni aziendali iniziamo a sentire concetti come identità, scopo, spirito, integrità, esperienza. Senza sminuire l'importanza della logica e dell'efficienza, è importante iniziare a integrare e riequilibrare anche l'altra componente nel nostro modo di affrontare la complessità, il paradigma della creatività e dell'empatia emotiva.
Come l’arte puo’ aiutare le persone ad allenare la gentilezza?
Personalmente credo, per esperienza artistica personale e sulla base di ricerche e studi effettuati per esempio nel mondo medico sui risultati positivi dell’utilizzo dell’arte nell’educazione all’empatia del personale sanitario, che l’arte possa essere una delle risposte.
L’arte vive, prospera e stimola l'emisfero destro del nostro cervello e si basa su creatività, emozioni, passione, abilità come visione, empatia, audacia e coraggio, osservazione e pensiero critico, esattamente il tipo di abilità che dobbiamo apprendere e mettere in pratica.
Le arti modellano ed esprimono i sentimenti umani, comunicano e trasferiscono sensazioni nelle relazioni interpersonali e sociali. La creatività, che è alla base del fare arte, porta significato e passione, cose di cui abbiamo sicuramente sempre più bisogno nella nostra vita e nel nostro lavoro e nella costruzione delle nostre relazioni, oggigiorno.
La gentilezza presuppone una certa sensibilità d’animo che l’arte può stimolare attraverso la bellezza e l’espressione di emozioni, l’osservazione di ciò che ci circonda e la ricerca del “vero”.
L'arte tocca delle corde che sono dentro il nostro inconscio e si connette con i sentimenti aggirando le barriere poste dalla mente logica. Per questo facendo o apprezzando arte educhiamo le nostre emozioni e percependo i sentimenti espressi dall'artista impariamo a diventare empatici anche nei confronti delle emozioni altrui.
L'arte utilizza un linguaggio metaforico e per questo motivo lo spettatore deve sempre aggiungere un pezzo di significato (il proprio) all'opera d'arte. In questo modo ha inizio un processo di dialogo tra dipinto e artista e anche altri spettatori, se questo nuovo significato viene condiviso e diventa un significato co-creato collettivo, che spinge le persone ad ascoltare il punto di vista dell’altro, perché nessuna opera d’arte ha un significato univoco e questo ci porta ad imparare che il nostro punto di vista vale quanto quello di un altro.
Molte opere d'arte stimolano e sfidano il pensiero e il sistema, cercano di andare oltre il punto di vista di massa e aiutano a reinterpretare la realtà. Dagli artisti possiamo imparare l'audacia e il pensiero critico. Spesso possono portarci a vedere cose che non sono ancora così evidenti, perché gli artisti usano la loro sensibilità speciale per leggere ciò che ci circonda e collegare punti tra cui ancora non vediamo alcuna connessione. E quanto coraggio dobbiamo imparare per ribaltare la convinzione della nostra società che la gentilezza è una debolezza e non una forza? E di quanta capacità sistemica, di re-integrazione di polarità come il femminile (associato alla gentilezza) e il maschile (associato alla forza) abbiamo anche bisogno?
Come abbiamo già detto l'arte usa un linguaggio metaforico, e questo è un approccio olistico. Tornando all'arte visiva che conosco meglio, un pittore non vedrà mai un pezzo della sua opera d'arte separato e disconnesso dal resto. Tutto è connesso sia in termini di composizione visiva, armonia, varietà ed equilibrio, sia dal punto di vista del significato. Questo può insegnare il pensiero sistemico, rompere i "silos" (compartimenti stagni) e vedere il mondo e i problemi come un sistema olistico, integrato e complesso, dove gli elementi non sono divisi da un “MA”, bensì integrati da un “E”.
Attraverso la pratica delle arti visive inoltre possiamo sviluppare le nostre abilità di osservazione. Personalmente nell’ambito della mia attività pittorica una delle prime cose che ho appreso è che per imparare a disegnare e dipingere ciò che è più importante non è come usare la matita o il pennello, ma come osserviamo la realtà. Normalmente osserviamo solo la versione semplificata del nostro mondo esterno, quella che ci porta a svolgere in modo efficiente i nostri compiti. Vediamo l'immagine del mondo che abbiamo nella nostra mente. Un pittore invece osserva davvero tutte le forme, le luci e le ombre così come sono e può apprezzare l'infinita varietà del mondo. Un pittore apprende anche che non c'è osservazione artistica senza interpretazione. Vediamo con i nostri occhi ma anche con le nostre emozioni, il cuore e l'identità e inevitabilmente lo mettiamo nella nostra risposta al mondo. In questo modo un artista impara che ogni punto di vista è solo UN punto di vista non IL punto di vista. In questo senso l’arte stimola uno sguardo “gentile” che non giudica, ma guarda per scoprire e capire, con la curiosità di un bambino.
Da qualche anno ho creato e sviluppato insieme ad altri colleghi una piattaforma - “ThroughArt” - il cui proposito è quello di portare l’arte nella vita di tutti i giorni delle persone e di accompagnare le persone a sviluppare quella sensibilità e gentilezza di cui abbiamo appena parlato. Organizziamo anche sessioni in cui si utilizza la metafora artistica per allenare il cervello destro, l’intelligenza emotiva e quindi anche la gentilezza. È molto promettente vedere come i partecipanti alla sessione di “Contemplazione artistica” progressivamente imparino, attraverso la contemplazione di un dipinto e il dialogo guidato in piccolo gruppo, ad entrare in contatto con le proprie emozioni e ad articolarle, sperimentino la capacità di ascolto scevra da giudizio, e man mano riescano ad entrare in connessione con un dipinto e a coglierne la sua espressività. Questo potenzialmente li aiuta ad entrare in connessione con altri esseri umani. L’arte stimola persone tra loro sconosciute a dialogare su temi profondamente umani come l’identità, la vulnerabilità, la morte, la trasformazione, la diversità, la bellezza.
E cosa l’arte puo’ portare alle organizzazioni?
Per me tutto questo è pratica ed esercizio di gentilezza e la mia convinzione è che una volta allenata in questo contesto specifico, le persone sappiano poi anche metterla in pratica in tutti gli altri contesti sociali in cui si trovano ad interagire con altri, incluse le organizzazioni.
Anche le organizzazioni si trovano ad operare in un contesto di complessità e fortemente interconnesso, che richiede nuove modalità di lavoro e di relazione per poter avere successo. I modelli organizzativi emergenti, quali Teal Organizations [2], Purpose driven companies che hanno come driver l’impatto positivo sulle persone o sul pianeta, si basano su pilastri quali l’autenticità, il proposito, la capacità di gestirsi autonomamente nei diversi team attraverso dialogo, empatia, senso di responsabilità e passione, dove la collaborazione prevale sulla competizione e quindi la gentilezza diventa una forza mentre l’aggressività e il successo a tutti i costi diventano una debolezza e dove un approccio integrativo (del femminile e del maschile, del cervello destro e del cervello sinistro) diventa una necessità.
Imparare la gentilezza per me vuol dire quindi imparare a navigare il nostro tempo e rispondere ai bisogni sempre più pressanti della nostra società, delle organizzazioni, e di noi individui alla ricerca di senso e completezza. Se l’arte, come credo, può aiutarci in questo percorso, mi auguro che sempre più organizzazioni e persone ne sappiano cogliere il potenziale rivoluzionario, perché l’arte, come la gentilezza, ha un potere di trasformazione profondo e sottile e il mondo ne ha un immenso bisogno.
[1].Elogio della gentilezza – Adam Phillips e Barbara Taylor - Ed. Ponte alle Grazie
[2].Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana, Frédéric Laloux, edizione Guerini Next
Per approfondire: