In fondo siamo tutti migranti. Inclusa l’artista.
Torino e la regione Piemontese hanno vissuto in passato l’emigrazione della propria popolazione verso la Francia, la Svizzera, il Sud America. Alla emigrazione si e’ accompagnato un fenomeno di rigetto verso gli italiani da parte della popolazione locale. Quando poi pero' nella stessa Torino si e' riversata la migrazione dal sud d’Italia (durante il periodo d'oro industriale della Fiat) e da paesi extra comunitari (nei giorni nostri), i cittadini torinesi a loro volta hanno iniziato a mettere in atto atteggiamenti razzisti e protezionistici, dimenticando il proprio passato. La storia si ripete (Noi che eravamo voi, voi che eravate noi) e notare che gli stessi figli di migranti siano spesso i piu' aggressivi nei conforni dei nuovi migranti, mi fa riflettere.
L'immigrazione e' evidentemente un tema complesso, con le sue difficolta', ingiustizie e paure.
Nessuno vuole perdere quello che a fatica ha conquistato, incluso il benessere; nessuno vuole vedere crescere la deliquenza. Ed e' normale. E' comprensibile la fatica di accogliere una popolazione che arriva senza lavoro, con cultura diversa e a volte (ma non sempre!) portando aggressivita' e ignoranza. Eppure ci sono posti dove l'integrazione e' avvenuta, e' stata gestita e dove i rischi di cui sopra (e quindi il malessere della popolazione) sono stati minimizzati. Io vivo da piu' di dieci anni all'estero, in Asia e da cinque a Singapore. A Singapore convivono armoniosamente Cinesi, Indiani, Malesi e persone dal resto del mondo. Singapore e' nata grazie al confluire di popolazione migranti e continua (seppur in modo regolato) ad accogliere migranti. Neanche qui tutto e' stato semplice o gestito alla perfezione, anche qui ci sono dei comportamenti intolleranti. Eppure questi sono stati calmierati da un sistema di norme, di processi educativi, a volte anche di "propaganda", a tal punto che i Singaporegni vedono la convivenza multirazziale come uno dei propri elementi identitari. E' vero Singapore e' piccola, piu' facilmente gestibile, non esiste una vera democrazia come quella Italiana, quindi volendo, potremmo solo concentrarci a vedere le differenze e le motivazioni per cui in Italia questo modello non e' replicabile. Eppure con tutti i dovuti distinguo, questa esperienza ci fa capire che con il buon governo qualcosa si puo' fare. Ma noi questo non ce lo abbiamo e, anzi, per mascherare questa verita' di mal gestione, e' lo stesso governo (quello che governa male) a istigare l'intolleranza. Il populismo e' sicuramente piu' semplice che cambiare le regole e trovare soluzioni sistemiche.
Io credo che il mondo (non solo l'Italia) stia vivendo un periodo di transazione e che debba trovare forme di rappresentanza civile e politica diverse, perche' viviamo in un mondo piu' complesso che richiede forme piu' organiche e una rappresentanza piu' estesa. Poiche' questo accade in un periodo di sofferenza economica, a complessita' si aggiunge complessita'. Nel mondo pero' oltre alla paura e al desiderio dell'uomo forte, fortunatamente stanno nascendo anche forme di riflessione sociale e collettiva che danno speranza. Una tra le tante, e la cito solo perche' la conosco, e' il movimento globale apolitico guidato dal Presencing Institute e da un associate professor" dell' MIT di Boston (Otto Sharmer). Un movimento arrivato anche in Italia attraverso persone volenterose che hanno creato degli "hub" locali e che cerca di dare gli strumenti alle persone per instaurare un dialogo civile e fare prototipi sociali.
Io sono un'artista e quindi di politica non me ne intendo, ma sono contro il razzismo e la violenza. Questo mio quadro "Torino e(im)migrante" vuole invitare ogni coscienza a considerare il fatto che alla fine siamo tutti essere umani e che ogni posto nel mondo, durante la sua breve o lunga storia, e' stato modificato nella sua identita' da chi e' venuto e da chi se ne e' andato.
Questo quadro (che in realta' e' uno studio per un quadro e quindi evolvera' ulteriormente) rappresenta la Piazza del mercato di Porta Palazzo, il cuore multietnico di Torino e fa vedere che in citta' stiamo mettendo in atto gli stessi comportamenti razzisti che in passato abbiamo subito. Il quadro non vuole dare risposte ma fare una domanda. Perche'?
La mia e' solo una opinione e altre persone possono pensarla diversamente e proprio questo e' il bello del dialogo, quando c'e' ascolto e rispetto, che puo' diventare generativo di innovazione. David Bohm, in un suo bellissimo libro sul dialogo, dice che "in un VERO dialogo, due persone non cercano di mettere in comune certe idee o elementi di informazione che sono a loro già note. Piuttosto, si potrebbe dire che le due persone stanno facendo qualcosa in comune, cioè creando qualcosa di nuovo insieme . {...} Se le persone devono cooperare devono essere in grado di creare qualcosa in comune, qualcosa che prende forma nelle loro discussioni e azioni reciproche, piuttosto che qualcosa che viene trasmesso da una persona che funge da autorità a gli altri, che agiscono come strumenti passivi di questa autorità. "
Il mio allora e' un invito al dialogo, alla tolleranza, ma anche all'impegno da parte delle istituzioni a rispondere in modo maturo ai bisogni di cittadini sempre piu' in difficolta' e arrabbiati.