Danniel

Da "Esperienze di Cina"di Giorgia Madonno

· SCRITTURA

Alessandro ed io avevamo riso a lungo sul nome del mio collaboratore: Danniel con due “n”, poi un giorno, in ufficio, Danniel guardando i suoi nuovi biglietti da visita, mi disse titubante: “ Ti posso chiedere una cosa?”

“Certo”

“In inglese il nome Daniel è scritto con due “n” ?

Lo guardai interrogativa e gli risposi “no, con una “n” sola”,

Passarono due o tre secondi di silenzio, poi mi chiese “ma allora c’è un motivo per cui sul mio biglietto è scritto con due “n”?

Immediatamente ripensai alla mail che mi aveva mandato in risposta a un annuncio che avevo mandato e alla sua firma in calce, DANNIEL. Mi era sembrata strana ovviamente ma avevo immaginato che in Cina si usasse scriverlo così e non pensai minimamente che potesse trattarsi di un errore di battitura. Solo dopo due mesi Danniel aveva osato parlarmene, ma quando gli proposi di rifare i biglietti da visita non volle.

“Ne ho già dati a varie persone, se vedono che cambio il nome penseranno che è un errore, invece se non lo cambio posso sempre dire che è il mio nome d’arte”.

Fu così che Daniel diventò Danniel con due “n” e non perse la faccia.

Danniel era un ragazzo a modo, con un’intelligenza vivace e molta curiosità. Mi faceva da assistente tutto fare e soprattutto imparava un mestiere e un modo di lavorare occidentale. Il suo sogno, come per quasi tutti i cinesi, era di avviare il proprio business. Anche se non sapeva ancora quale, si stava preparando: oltre a lavorare con me, durante la settima studiava Business Administration, il week end seguiva un corso universitario di giurisprudenza e come se non bastasse, aveva avviato con un suo amico Nigeriano, un’attività di import export di prodotti cinesi con la Nigeria. Viveva a Shanghai nel dormitorio del campus universitario e la sua famiglia era sparsa per la Cina a non meno di sei ore di treno.

Il padre per motivi che non avevo ancora capito abitava da solo e lui era stato allevato dai nonni a cui era molto affezionato. Mi aveva raccontato di essersi riconciliato con il padre solo recentemente per una qualche colpa di cui non aveva voluto parlare. Il padre, aveva lavorato nel dipartimento di controllo di finanza del partito, era stato un uomo integerrimo all’interno di un sistema corrotto e ora viveva sulla soglia della povertà mentre i sui colleghi si erano arricchiti con il denaro guadagnato dispensando favori. “Non so come faccia mio padre, ma tutte le volte che gli ho chiesto un consiglio e l’ho seguito ho fatto la cosa giusta”, mi disse un giorno con orgoglio. “Mi piacerebbe presentartelo” mi disse, e lo presi come un complimento.

Danniel, con mio grande stupore parlava molto con me, mi chiedeva pareri, punti di vista. Era avido di una prospettiva diversa dalla sua e da quella delle persone che aveva intorno, ma soprattutto aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse e gli dimostrasse comprensione. Mi pareva molto solo nel farsi carico di responsabilità pesanti per la sua giovane età.

Fu un giorno prima delle vacanze di Agosto che arrivò in ufficio con una faccia mesta. Gli chiesi se volesse venire con me a prendere un caffè e parlare un po’, capìi che non aspettava altro.

Sapevo già di una storia tormentata con la sua fidanzata e di una situazione difficile della sua famiglia, la sorella maggiore e la nonna malate di tumore.

“Forse dovrei seguire il Fenshui” mi disse, “è un periodo troppo nero, me ne capitano una dietro l’altra. Questo week end è mancata l’altra mia nonna e la madre della mia fidanzata mi ha detto che ha assoldato due persone per picchiarmi se non smetto di frequentarla.” Me lo disse così in un soffio, senza interruzione, come se dicendolo volesse liberarsene. Rimasi senza parole a questa storia di altri tempi, faticando ad immaginare un’Italia neanche troppo lontana in cui accadevano situazioni come la sua. Erano in fondo passate solo due o tre generazioni da quando anche da noi il matrimonio aveva una valenza economica più che sentimentale.

Danniel era innamorato, l’amore intenso dei vent’anni. Aveva conosciuto la sua ragazza all’università e avevano iniziato a frequentarsi. Non esistevano più esami e impegni, l’unica cosa che avesse valore era il vedersi e stare insieme. Vissero con le farfalle nello stomaco fino a quando la madre di lei si intromise e gli disse di smettere di frequentare sua figlia perché non era un partito adeguato per lei. Stava spendendo molti soldi per gli studi della figlia e lui non le assicurava un buon ritorno dell’investimento.”E’ una persona dura, cattiva con cui non si può discutere, – mi disse – “e la mia ragazza non riusciva a reggere tutta questa pressione così ci siamo lasciati. Poi però dopo qualche mese mi ha ricercato e di nascosto abbiamo ripreso a vederci, però ora ci ha scoperti”. Nonostante sapesse del difficile momento che Danniel stava vivendo, la madre della sua ragazza lo aveva minacciato e ora Danniel non sapeva che cosa fare. Mi chiese consigli ma i miei suggerimenti si scontravano continuamente contro un sistema di valori a me distante.

“Perché non ne parli con tuo padre? Affrontando insieme a lui questo problema, ti sentiresti meno solo e magari ti darebbe qualche buon consiglio”, gli dissi. Danniel mi rispose a sua volta con una domanda che fu più eloquente di un no:

“Tu parleresti di questo con un padre con cui non hai mai vissuto?”,

“Dipende se hai stima di lui e ti fidi comunque”, gli risposi, ma Danniel continuò,

“E poi non vorrei aumentare le sue preoccupazioni in questo momento, già deve pensare alla salute di sua madre e sicuramente soffrirebbe molto nel sapere che sono infelice perché non ha saputo darmi l’agiatezza economica necessaria per poter frequentare una ragazza che è molto più ricca di me”.

“.. e chiamare la polizia? In fondo quella donna ti ha minacciato…” provai ancora a suggerire.

Danniel mi guardò, “Ma qui in Cina non si può. I genitori della mia ragazza sono ricchi e immanicati con il governo cittadino, la polizia sicuramente ha dei debiti nei loro confronti e non risolverei niente, anzi”.

“Provare a parlare con questa donna, o con suo marito visto che sembra una persona più ragionevole?” tentai ancora, giusto per fargli esplorare strade alternative.

“Con lei ho già provato ma è più dura della pietra, il marito invece è più comprensivo ma non conta nulla in famiglia. La madre mi aveva fatto una proposta tempo fa, mi aveva detto che mi avrebbe lasciato frequentare la figlia solo se me ne facevo carico completamente, costi degli studi compresi. Era chiaro che non me lo potevo permettere e che me lo aveva detto solo per provocazione, ma io ingenuamente le dissi che lo avrei fatto pur di stare con lei, che mi prestassero dei soldi, glieli avrei resi poi lavorando. La madre rifiutò ovviamente e precisò anche che nella sua famiglia solo le donne comandavano e così sarebbe stato per sua figlia. Inutile dire che non era quello che mi aspettavo, per me la relazione con la mia ragazza poteva essere, al massimo alla pari. Non era così evidentemente tra lei e suo marito....”

Continuammo a discutere a lungo e questo almeno servì a Danniel a esternare le sue preoccupazioni e chiarirsi le idee sui prossimi passi. Era un sanguigno e non aveva nessuna intenzione di lasciare perdere e l’attesa paziente non era il suo forte, sentiva il bisogno di fare qualcosa a costo di rischiare. Decise alla fine di tornare al suo paese per un periodo, per affrontare la situazione e stare vicino a sua nonna malata. Ci rivedemmo dopo un paio di settimane.

“Come va?” gli chiesi rivedendolo.

“Non benissimo”, mi rispose.

“Vuoi raccontarmi?” gli chiesi.

“Sembrava che andasse meglio, ero riuscito a parlare con la madre della mia ragazza e pareva che mi stesse accettando, poi a Pechino è successo qualcosa che ha messo a repentaglio tutto”, si bloccò indeciso se continuare, poi riprese “Eravamo in albergo a Pechino, la mia ragazza, sua madre ed io per vedere le Olimpiadi e mentre salivamo alle camere, la mia ragazza incominciò a dire a sua madre che voleva andare a studiare fuori dalla sua città, la madre si è infuriata per questa richiesta di autonomia della figlia e ha incominciato a picchiarla. Io non ci ho più visto e mi sono messo in mezzo per proteggerla, allora lei ha trascinato la figlia in camera e ha chiuso la porta. Sentivo le sue grida mentre la madre la picchiava. Mi sono scaraventato contro la porta e ho iniziato a dare pugni perché non sopportavo la situazione. Sentendo questo trambusto è arrivato il personale dell’hotel e siccome eravamo sotto olimpiadi, anche la polizia. Così mi hanno portato in questura, poi quando hanno visto le registrazioni video di quello che era successo hanno portato in questura anche la madre della mia ragazza. Ora mi odia”.

Lo osservai, aveva gli occhi lucidi per la tristezza.

Lascia che si sfogasse ancora per un po’, poi gli dissi di andare a casa e lo invitai a cena a casa mia. Non potevo lasciarlo solo con tutti questi pensieri per la testa.

Qualcuno mi avrebbe detto che era un errore, tra capo e collaboratore in Cina non è ammesso superare una certa distanza. Pazienza, sperai che nonostante le differenze culturali Danniel avesse l’intelligenza e sensibilità per capire che era un gesto genuino e che nulla aveva a che vedere con il nostro rapporto di lavoro.

“Vorrei che la mia ragazza capisse come te quando ho bisogno anche io di un aiuto” mi aveva detto. Al diavolo i rapporti gerarchici.